Federico Rizzi - Testi

Nasce nel 1962 a Udine dove vive e lavora.

TESTI

 

Federico Rizzi e la memoria del concreto

Giovanni Maria Accame

Harold Rosenberg, alla richiesta di definire che cos'era per lui l'arte oggi, rispose: "L'unica definizione che mi è venuta in mente negli ultimi anni è che si occupa di qualunque cosa sta al di fuori delle altre categorie. E' diventata un campo fuori da ogni campo." Frase che non va interpretata nel senso di un'arte distaccata dalla realtà, propensa all'evasione e all'oblio, ma attenta ad aspetti che non trovano collocazione entro gli statuti delle altre categorie. Aspetti quindi che scivolano fuori dai campi prestabiliti andando a formare quell'universo dell'indefinito dal quale sicuramente l'arte trae maggiore energia. Questo non significa estraneità ai problemi della vita, ma diversa partecipazione, perché differente è l'angolo d'osservazione e perché nello stesso tempo e, potremmo dire, nello stesso spazio, si possono vedere cose apparentemente non collegate tra loro.

La frammentazione della conoscenza e, al tempo stesso, la globalizzazione delle informazioni che sono proprie della nostra epoca, investono l'artista come chiunque altro. L'artista si trova però in prima linea, perché il suo lavoro è immerso nella conoscenza e nell'informazione. Immerso ma, come dicevo, situato in quello spazio parallelo di una categoria sensibile, che elabora nei suoi linguaggi l'accadere generale degli avvenimenti.

Da questo stato di cose non possono naturalmente sfuggire anche Federico Rizzi e il suo lavoro. Credo sarebbe fuorviante voler trovare un'ideale parentela con questa o quella tendenza, cucirgli addosso discendenze da una linea della pittura degli scorsi decenni. Tra i meriti di questo artista trovo anzi l'evocazione di alcuni aspetti oggi meno frequentati, dalle avanguardie storiche agli anni cinquanta. Dico evocazione e non elaborazione, sviluppo di concetti, ecc., non avrebbe senso riprendere linearmente oggi quanto veniva fatto negli anni venti. Diverso è fissare dei flash sul passato e costruirvi un proprio e attuale sentire, con motivazioni personali e culturali che sono dei nostri giorni. Il venir meno dei fondamenti del sapere, di molte delle regole che ancora ieri sembravano connaturate alla vita sociale, alle idee, ideologie o progetti di futuro, incidono anche sulla vita e sul lavoro dell'artista.

Rizzi riprende un'organizzazione della superficie che solo apparentemente appartiene all'astrattismo storico, infatti, non ne rispetta le regole geometriche, quell'ordine e quei rapporti che sono appartenuti ai maestri degli anni venti e trenta. Stesure rettangolari che si susseguono, si sovrappongono, si incrociano, qui rispondono a differenti motivazioni. Non troviamo processi di astrazione, a Rizzi non interessa trasporre la varietà del mondo sul piano, applicando un metodo razionale che riduce tutto a elementi costanti e limitati.

Questi lavori non sono astratti, così poco vogliono condividere con l'illusorietà o i procedimenti astrattivi della pittura, che sono realizzati pressoché in assenza dei suoi materiali. E, proprio nei materiali, Rizzi individua il dato fondamentale e distintivo della sua esperienza. Una scelta che, personalmente, guardo con favore, per la controtendenza nei confronti di una pittura aniconica troppo spesso alla rincorsa di purezze storicamente esaurite.

Le tele, montate su supporti tamburati per rendere più rigida e resistente la superficie, denunciano anche uno spessore pronunciato, sia per potervi agire in proseguimento dal piano, sia per accentuare l'oggettualità del lavoro. Oggettualità che non significa per nulla diminuzione degli aspetti sensibili, come è stato ed è per molti artisti, si pensi per esempio alle due differenti declinazioni di un Castellani o di un Aricò. Lo spessore del supporto, quando sia usato entro la logica dell'opera, mette in risalto e rafforza le attività di superficie.

Rizzi distende sulla tela una serie di materiali che, come ho accennato, solo marginalmente sono tecnicamente pittorici. Gomma lacca, resina, sottili reti di acciaio e di ottone, silicone, tutto si deposita e si trasforma senza però perdere la propria identità. I materiali e la loro lavorazione si traducono in un manufatto che non è più una somma di sostanze, ma un atto intenzionale. Materie e concetti acquistano un'autonoma verità nel loro integrarsi.

Una così densa presenza di materiali e il ruolo determinante che svolgono all'interno del lavoro, si può riscontrare nel Dadaismo, nel New Dada e nel Nouveau Réalisme, fino al più prossimo Burri. Un panorama di riferimenti storici che, com'è evidente, non troviamo figurativamente su queste tele, ma presenti come memoria di un fare: il prelievo dall'eterogeneo che diviene repertorio per una costruzione linguistica.

La memoria è del resto il fattore che qui agisce dissimulato tra lo stratificarsi di una lacca e l'ossidazione di una trama d'ottone. I gesti interni e interiori che trovano nella pittura un'ideale sede di attuazione, sono rintracciabili anche in questo mondo di materie sintetiche e oggettuali. La memoria personale che lega l'artista ai materiali, il confronto con la pratica pittorica e la sua storia come riferimento culturale, filtrano il divenire di questi lavori che stabiliscono, coscientemente, un rapporto enigmatico con la pittura. In realtà Rizzi gioca sulla nostra percezione condizionata dall'oggetto quadro per attrarci su una diversa esperienza, che non impone le regole dell'arte pittorica, ma espone la nostra sensibilità all'ascolto dei materiali. Un'attenzione che non è solo visiva, ma di rimandi tattili e ricordi di sensazioni, sollecitazioni diverse e non sempre riconoscibili, che sarebbe sbagliato associare integralmente a quelle suscitate da una tela dipinta. La somiglianza con questa, che si riscontra nelle tele di Rizzi, non va confusa con l'effettiva costituzione che ne afferma la differenza. I colori a olio o acrilici si annullano immediatamente assorbiti dall'immagine che delineano, queste reti metalliche e le gomme lacche, conservano invece una consistente parte della loro origine, della loro irriducibile resistenza a divenire pittura.

Nel sovrapporsi di piani e memorie, di sottili emozioni e distaccate citazioni, la presenza dei materiali che Rizzi ci propone, dimostra di contenere qualche cosa di più dell'ordine entro cui si inseriscono. Al di là del linguaggio, nella vita come nell'arte, qui agisce e si avverte la memoria del concreto.

27 aprile 2008