Maria Morganti - Testi

Nata a Milano nel 1965. Vive e lavora a Venezia.

TESTI

 

· Francesco Iacono, Art Diggers, "Juliet", n.25, aprile-maggio 1986
· Roland Mattes, Einladung, cat. Galerie Altstadt, St. Gallen, Schweiz, 1998
· Diego Collovini, Quadrichromia, cat. Galleria Plurima, Udine 1998
· Elisabetta Longari, De Pictura Picta, cat. Galleria Care Of, Milano 1990
· Elisabetta Longari, Note sparse sulla situazione della giovane arte lombarda agli albori degli anni '90, "Terzo occhio", n.1 (54), marzo 1990
· Bianca Tosatti, Villa Gioiosa, cat. Galleria Care Of, Milano 1991
· Antonella Micaletti, Scrittura "a programma". Maria Morganti, "Titolo", n.5, estate 1991
· Gilberto Pellizzola, Notizie di Pittura , cat. Centro attività visive, Ferrara 1992
· Antonella Micaletti, La collocazione del quadro, cat. Convivenze, Galleria Faustini, Firenze 1992
· Joachim Burmeister, Un simpatico dilemma non soltanto fiorentino: dove mettere l'arte?, cat. Convivenze, Galleria Faustini, Firenze 1992
· Antonella Micaletti, Astrattamente, cat. Galleria Nuova Icona, Venezia 1995
· Chiara Bertola, Notizie da Venezia , "Flash Art", anno XXVIII n. 192 giugno 1996
· Giovanni Maria Accame, Una situazione di fine millennio, cat. Collezione Hotel Rechigi, Galleria Il Disegno, Mantova 1996
· Manuela Zanelli, Armonie della disarmonia: arte italiana di una generazione di mezzo, cat. Collezione Hotel Rechigi, Galleria Il Disegno, Mantova 1996
· Florence Lynch, Maria Morganti. Venezia 1994/95: Paintings and works on paper, cat. Art Nation Project, New York 1997
· Vito Apuleo, Maria Morganti a New York: il corpo, che bel quadro, "Il Messaggero", 24 maggio 1997
· Un'astrattista a New York, "Olis", anno 3, num. 16, maggio-giugno 1997
· Antonella Micaletti, Maria Morganti, "Titolo", anno 8, num. 24, autunno 1998
· Giovanni Maria Accame, La pittura riflessiva, trent'anni di esperienze e differenze, cat. Arte Italiana. Ultimi quarant'anni. Pittura aniconica, Galleria Arte Moderna Bologna, Edizioni Skira, Milano 1999
· Sabrina Zannier, Le molte vie della ricerca astratta, "Messaggero Veneto", 9 febbraio 1999
· Florence Lynch, Outside edge: A Survey, cat. Université Sorbonne, Paris 1999
· Alessandra Pioselli, Imparare l'arte, "Carnet", anno V n. 8, agosto 2000
· Chiara Bertola, Veneto, sguardi interiori, "Flash Art", anno XXXIII n. 220 febbraio-marzo 2000
· Cvh., Variationen von Rot, Maria Morganti in der Frankfurter Galerie Arte Giani, "Frankfurter Allgemeine Zeitung", 24 Februar 2000
· Angela Madesani, I nuovi dell'arte. Saranno famosi, "La Città", Milano maggio 2000
· Paola Tognon, vocazioni: femminile, plurale cat. Vocazioni. Arte e vita come necessità, Silvana editoriale, Bergamo 2000
· Francesca Pasini, "La capitale della mente è il cuore", cat. Vocazioni. Arte e vita come necessità Silvana editoriale, Bergamo 2000
· Angela Madesani, Pittura totale, cat. Nuova Icona, Venezia 2000
· Barry Schwabsky, Toward the Unity and Multiplicity of Color, cat. Nuova Icona, Venezia 2000
· Paola Tognon, Maria Morganti, "Titolo", anno XI, n.33, autunno 2001
· Lily Faust, Maria Morganti, "M, The N.Y. Art World.com", february 2001
· Gilberto Pellizzola, Quattro passi (nel colore di Maria Morganti), Zuni, Ferrara 2001
· Lilly Wei, Monochrome/ Monochrome?, Florence Lynch Gallery, New York 2001
· Angela Madesani, Pitture?, Studio G7, Bologna 2001
· Barbara Mac Adam, Monochrome/Monochrome?, recensione,"Art News", New York, Maggio 2001
· Viviana Tessitore, Maria Morganti, Insistence, recensione, "Titolo", anno XII, n.35, estate 2001
· Giovanni M. Accame, Figure astratte, Campisano editore, Roma 2001
· Claudio Cerritelli, Volontà di pittura, in G.M. Accame, Figure astratte, Campisano editore, Roma 2001
· Angela Madesani, Apriamo la gabbia dell'astrazione, "Ipso Facto", n.11, settembre-ottobre 2001
· Angela Madesani, Astrazione zero, cat. mostra Artoteca Milano marzo 2002
· Angela Madesani, Astrazione "Juliet", dicembre 2002-gennaio 2003
· Rosella Prezzo Maria Morganti. Le dimensioni del colore, mostra Grosetti, marzo 2003
· Barry Schwabsky, A Benjaminian view of colour, "Contemporary", n. 58, London, january 2004
· Lucio Pozzi, Artisti, conformatevi:si fanno più soldi, "Il Giornale dell' Arte" n. 230, marzo 2004
· Giorgio Bonomi, Oltre il Monocromo, testo catalogo mostra Fondazione Zappettini, Chiavari 2004
· Chiara Bertola, Un colore mutevole come la vita, Galleria Michela Rizzo, Venezia 2005
· Susan Harris Mediating Our inner and Outer Worlds, Galleria Michela Rizzo, Venezia 2005
· Mauro Panzera Intorno al tempo in arte: primi appunti, "Artalgia", fascicolo II, anno I, maggio 2005
· FrancescaTurchetto, Maria Morganti, Graziano Negri, Titolo, Anno XVI, n.47, Primavera-estate 2005
· Gabi Scardi, Maria Morganti dipinge ogni giorno, Galleria Rubin, Milano 2005
· Tommaso Benelli Cannaregio 4842, Galleria Rubin, Milano 2005
· Angela Vettese, Palazzetto Tito, Bevilcqua La Masa, Venezia 2006
· Marta Savaris, Colori per un diario, "Flash Art", aprile-maggio 2006

 

Nella mia prima visita nel suo studio, ho parlato con Maria Morganti sotto un dipinto a dominante rosso in cui era evidente il segno centrifugo del colore; il lavoro sembrava essere stato fatto con una grande forza fisica, o quantomeno con un coinvolgimento totale del corpo. L'immagine che ne derivava aveva anch'essa qualcosa di corporale e poteva ricordare un vaso arterioso o un utero. Questo eventuale richiamo narrativo, però, non si mischiava a un compiacimento figurativo: era evidente anzi lo sforzo di cancellare la realtà del qui e ora, proprio attraverso quel moto vorticoso che dilavava ogni immagine.
Questa tendenza a negare il racconto e a sublimare l'elemento cromatico mi è stata chiara in un'altra serie, precoce anch'essa ma successiva alla prima, in cui lo sforzo di rendere astratta la superficie generava strutture geometriche, trapezi, forme incorniciate da piccoli bordi di colore, che si stringevano come cupole quadrangolari verso il bordo più alto della tela.
Queste due modalità di fuggire l'immagine sono all'origine delle superfici astratte della produzione più recente dell'artista; ma si intravedono ancora, con uno sguardo attento, sotto gli strati e le bande di cui sono costituiti i suoi quadri.
Il lavoro recente è composto da vari gruppi di operazioni. Costante è il tipo di tecnica, con pochissime variazioni: pastelli a olio e colori a olio piuttosto opachi, con una bassa dose di solvente e quindi ancora la necessità di venire "tirati" quasi fossero cera.
Un primo nucleo - il più evidente - è costituito da quadri che, benché impropriamente, definiremo monocromi. Si tratta di superfici di dimensioni variabili su cui l'artista riporta strati di colore anche molto diverso uno sopra l'altro, dopo avere atteso l'asciugatura completa di quello sottostante. Una traccia di questo procedimento sta nel bordo in alto, dove restano testimonianze sottili di ogni passaggio. La differenza apprezzabile però sta soprattutto nel colore finale, che non è mai uguale a un altro perché ottenuto con sovrapposizioni diverse. I verdi, i viola, si rossi, a uno sguardo solo superficiale possono essere riconosciuti come identici. In questi quadri l'accento è posto sull'idea di similitudine, che è concettualmente all'opposto dell'eguaglianza. Anche per piccoli scarti possono esserci colori parenti, fratelli cugini o anche gemelli monozigoti, ma che nel tempo e col passare delle esperienze - cioè degli strati di colore che agiscono inesorabili anche se impercettibilmente - si diversificano. I quadri possono essere grandi o piccoli, quadrati o preferibilmente quadrangolari, sempre con grossi telai e una struttura tradizionale del fare pittura: l'artista non ha mai abbandonato una procedura canonica. Se consideriamo che attorno a sé, a Venezia, ha sempre saputo raccogliere artisti delle tendenze più diverse; se pensiamo al grado di informazione che le hanno dato i suoi studi a New York; se riflettiamo sulla sua conoscenza e sul suo apprezzamento di pratiche concettuali anche decisamente radicali, non si può non comprendere come l'avere abbracciato la "forma quadro" sia una scelta e un'asserzione di fiducia in un mezzo, che oltretutto implica solitudine e concentrazione. Per inciso, forse da questo voluto isolamento nasce il bisogno di confronto serrato con altri artisti, così attivo mentre i quadri riposano.
La seconda tipologia di opere, abbastanza recente, comprende strisce fortemente orizzontali. Le sovrapposizioni di colore sono le stesse che nella serie dei monocromi, ma qui il fuoco non sta nel colore quanto nel rendere esplicito un processo. La prima banda viene stesa su tutta la striscia. La seconda, a colore asciugato, su di una parte della striscia che lascia intravedere per qualche centimetro lo strato precedente. La medesima distanza è mantenuta per tante volte quante sono le passate di colore. A loro volta, queste sono determinate dallo spazio a disposizione sulla striscia: l'opera termina quando non c'è più posto per aggiungere. Per compiersi, una striscia può avere bisogno di alcuni mesi o di poche settimane. E' un processo che ha in sé, come una norma genetica, il suo specifico dispositivo di crescita.
Un'ulteriore tipologia di lavoro risiede nelle carte. Sono fogli da disegno che vengono coperti da campiture quadrangolari libere, sovrapposte le une alle altre secondo il desiderio del momento e senza il vincolo di dare luogo alla fine a un tipo di forma unitaria. L'opera intera, in effetti, è un diario in progress dell'utilizzo nello studio di certi toni e di certi ritmi: unendo le carte è nata una parete che è stata numerata dall'uno in poi, con i fogli fissati da puntine metalliche e senza cornice, con una regolarità costruttiva e un effetto finale da mosaico. A un certo punto la serie finirà e il lavoro verrà considerato concluso: non c'è l'idea di un procedere senza fine come nel lavoro di Opalka o di On Kawara.
Il rimando a questi ultimi autori, però, è necessario per comprendere come la variabile che tiene insieme queste carte e, in fondo, tutte e tre le tipologie di opera descritta, è soprattutto il tempo. Le opere di Maria Morganti si presentano come ritratti dello scorrere delle cose sotto forma di colore; questo colore è, infatti, il frutto di una successione regolata né dagli stati d'animo né da una regola ferrea: non c'è intimismo emotivo ma neppure insistenza sulla logica. Il sovrapporsi dei momenti e dei colori è dettato dal normale correre delle cose. Il lavoro potrebbe ricordare utopismi o eredità dalle avanguardie storiche più ricche di ideologia e di fermezza, ma in effetti va in direzione contraria. Come spiegano i bordi sfrangiati di colore, i segni del pennello che non è stato possibile eliminare, la disposizione randomizzata delle carte, qui si racconta un "fare come si può" che tiene conto di imprevisti e di adattamenti.
Per quanto grandi possano esser certi maestri e imponente la loro influenza, Maria Morganti è lontana dal "dipingere piatto" di Ellsworth Kelley o dal "cercare il bianco" di Robert Ryman; in generale il suo lavoro abbraccia un metodo che è anche guida all'azione e grandissima disciplina, ma ripudia ogni dogmatismo per tenersi flessibile al caso e aperto al mondo. Una tecnica antica declinata verso l'etica laica di oggi: nessuna confusione tra fondamentalismo e fedeltà alle proprie convinzioni, nessuna norma che possa mai dirsi definitiva, nessun colore o pensiero o momento che sia mai uguale ad altro.

Angela Vettese